Si pubblica il testo integrale della lettera inviata in data 9 giugno al Direttore de la Repubblica dott. Mario Calabresi
Gentile Direttore,
leggo con stupore l’articolo apparso oggi sul giornale da Lei diretto, dal titolo “Il giallo di Palazzo Nardini svenduto e il sogno di un centro culturale” a firma di Vittorio Emiliani, relativamente all’operazione di vendita dell’immobile denominato “Palazzo Nardini” da parte del Fondo i3-Regione Lazio, gestito dalla INVIMIT SGR S.p.A..
Nel merito, le affermazioni specificamente espresse nell’articolo rivelano l’ennesima ricostruzione fantasiosa della vicenda, basata su elementi inveritieri. Sono errate le cifre relative ai costi di ristrutturazione del Palazzo che fanno riferimento a progetti avviati e mai conclusi, determinando un utilizzo di risorse economiche pubbliche che non si è mai tradotto nella tanto auspicata riqualificazione del complesso immobiliare. Al contrario la realtà dei luoghi rivela un Palazzo storico in stato di abbandono da oltre 20 anni, oggetto di periodiche occupazioni abusive, il cui stato di degrado si accentua ogni giorno, determinando un continuo pregiudizio del valore patrimoniale del bene.
Le attività di valorizzazione che il fondo i3-Regione Lazio ha compiuto e compie giornalmente sul Palazzo – con l’utilizzo di risorse proprie e non pubbliche – hanno consentito la pulizia, la messa in sicurezza e la rimozione degli abusi edilizi presenti e sono finalizzate al raggiungimento dello scopo primario per il quale il fondo stesso è stato costituito per legge, ossia la riduzione del debito pubblico.
In tale contesto INVIMIT SGR – in coerenza con il suo mandato e sulla base dell’autorizzazione alla vendita rilasciata dal Ministero dei Beni Culturali al momento del trasferimento della proprietà – ha per prima cosa verificato la possibilità di favorire l’insediamento di funzioni culturali pubbliche nel Palazzo, nell’ambito di un progetto che prevedeva la locazione della struttura al MiBACT (con riduzione di locazioni passive) e l’esecuzione dei lavori di restauro a carico del fondo.
Tale idea progettuale però non ha avuto seguito e solo successivamente il fondo ha avviato la dismissione sul mercato del Palazzo, mediante una procedura competitiva aperta agli operatori interessati, ampiamente pubblicizzata; a tal riguardo, occorre sottolineare come la procedura di dismissione sia stata effettuata con una base d’asta più elevata rispetto al valore di mercato certificato per legge dall’Esperto indipendente del Fondo e che l’aggiudicazione è avvenuta con un ulteriore rialzo di gara, ad un prezzo notevolmente superiore a quanto riportato nell’articolo a firma di Emiliani, peraltro malinformato sin dall’esordio dei suoi pezzi che riportano anche su questo aspetto un dato totalmente errato e fuorviante.
Un’ulteriore evidente inesattezza è quella relativa all’ipotesi di trasformazione in “…residenza privata di lusso”: il fondo non ha né predisposto, né ipotizzato alcun progetto di trasformazione del bene – né albergo, nè residenza. Qualunque ipotesi di futuro utilizzo, anche da parte dei privati, dovrà comunque essere sempre autorizzato dalla competente Soprintendenza, come previsto dal Codice.
Da ultimo fa specie che tale articolo sia stato pubblicato a soli tre giorni dall’Udienza fissata dal Tar del Lazio relativa all’inalienabilità dell’immobile, laddove invece rilevo il doveroso rispetto del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo che attende la pronuncia del Tar.
Nella speranza che le considerazioni esposte possano chiarire definitivamente la reale rappresentazione di fatti relativi alla valorizzazione di Palazzo Nardini, mi riservo sin d’ora comunque la facoltà di tutelare i diritti del Fondo i3-Regione Lazio, della SGR che rappresento e della mia persona presso le competenti sedi giudiziarie.
L’Amministratore Delegato
Arch. Elisabetta Spitz